Ecco quanto ci comunica, in data 22-7-1957, madre Maria
Xavera
incaricata dalla sua congregazione di tutto quanto
concerne la causa di suor
Faustina e al corrente dei minimi dettagli della sua
vita, alla quale abbiamo
chiesto una risposta precisa sulle " sue letture
":
Suor Faustina non
ha mai letto "La storia di un’anima di S. Teresa del Bambino Gesù". Non ha mai letto opere di S. Giovanni della Croce, né
quelle di S.Teresa d’Avila. Non aveva un messale, le suore della congregazione non se
ne servivano ancora a quell’epoca. Aveva solo il Nuovo Testamento ed è forse la che essa ha
potuto prendere visione della Lettera di S. Giovanni, di cui un passo figura
nei testi liturgici della domenica in Albis. Una vita di suor Benigna Consolata Ferrero fu la sua
lettura preferita. Testimonianza
preziosa, perché esclude di primo acchito ogni influenza e reminiscenza
che potesse affiorare dal subcosciente. La vita di suor Benigna Consolata,
tradotta dall’ italiano, poteva stimolare una santa emulazione, ma non arricchire le sue conoscenze
dottrinali.
Nella sua testimonianza severamente imparziale la madre generale afferma: " A Varsavia, dove cucinava per le pensionanti, si rallegravano di poter lavorare con lei. Lo stesso accadeva in tutte le altre case. Lavorando parlava di cose edificanti e sollecitava a fare piccoli sacrifici per Nostro Signore. Quando fu trasferita da Varsavia a Grochow, si verificò un piccolo incidente: tutte le pensionanti fecero fagotto e vollero seguirla ".
Nella sua testimonianza severamente imparziale la madre generale afferma: " A Varsavia, dove cucinava per le pensionanti, si rallegravano di poter lavorare con lei. Lo stesso accadeva in tutte le altre case. Lavorando parlava di cose edificanti e sollecitava a fare piccoli sacrifici per Nostro Signore. Quando fu trasferita da Varsavia a Grochow, si verificò un piccolo incidente: tutte le pensionanti fecero fagotto e vollero seguirla ".
Veramente
alcune compagne di lavoro l’avrebbero preferita meno perduta in Dio. Pregava
senza posa e invitava le altre a fare
altrettanto.
"
Anche togliendo la cenere per gettarla nella pattumiera — dichiara suor Ludvia
— recitavamo preghiere per diverse intenzioni. Una volta a Varsavia, un’ora
prima della colazione, suor Faustina mi disse: "sorella, preghiamo!".
Era in piedi vicino al fuoco tutta accaldata e io mi
affaccendavo intorno alla tavola. Dentro di me pensavo: vuol pregare ora che
abbiamo tanto da fare e al momento di servire saremo sovraccariche. Allora suor
Faustina esclamò sorridendo "Santa Trinità, ti adoro! ".
Poi,
rivolgendosi a me: "Forse che questo ci ha preso molto tempo?" .
" Altre volte, quando eravamo meno affaccendate, ci mandava in cappella a
salutare il Signore Gesù e a chiedergli cosa desiderava da noi, e questo durava
proprio un istante " nota suor Cristofora.
La
stessa suora dichiara che fu molto sorpresa quando venne a sapere che suor
Faustina, ancora novizia, faceva il ritiro di trenta giorni lavorando in
cucina. " Le chiesi com’era
possibile,
dato che non si fermava mai. Mi rispose: "Faccio tutti i miei esercizi
lavorando, perché niente e impossibile se lo vuole il Signore" .
Ogni volta che si doveva preparare un pasto più
accurato "per l’arrivo di monsignore o di qualche personalità, si chiedeva
sempre aiuto a lei "dice
la sua superiora madre Borgia. I dolci fatti da lei erano rinomati e le suore
coadiutrici lo confermano nelle loro testimonianze. Curando la cucina suor
Faustina aveva un fine ben determinato. Diceva: " Se le nostre pensionanti
(le penitenti) mangiano bene non offenderanno Dio brontolando e così Egli sarà
glorificato". Scrive suor Giustina: "Perciò non risparmiava la fatica
e sfavillava di gioia quando poteva offrirci un piatto
saporito e ben preparato ".
Professa
temporanea, tratta con infinita delicatezza le postulanti e le novizie che
l’aiutano in cucina, senza pero mancare di
fermezza, come testimonia suor Giustina; "La osservavo attentamente. Era
molto paziente e piena di carità. Quando le postulanti avevano fatto una
stupidaggine, come il giorno che abbiamo
salato il te, si accollava tutto, ascoltava umilmente i rimproveri e si scusava
con dolcezza. Poi esortava la stordita con
calma e amore ".
"Quando
le postulanti non riuscivano a cavarsela scrive
suor Samuela — approfittava di qualche momento libero per accomodare i loro piatti
e non si tradiva mai davanti alla suora economa (che, ricordiamo, non l’amava), la quale faceva loro i complimenti».
"
Si ricordava di quanto aveva sofferto nel suo noviziato ed era pronta a
prendere le difese delle novizie che venivano trattate ingiustamente. Senza dir
loro nulla ne parlava alla maestra delle novizie, che — dice suor Gioacchina —
ce la proponeva sempre per modello ".
Suor
Regina, che allora l’aiutava nei lavori pesanti, aggiunge questo particolare
divertente; “ Verso la fine del noviziato suor Faustina faceva molta fatica nel
vuotare l’acqua delle patate e ogni volta cercavo di darle una mano. Un giorno
mi disse: "Oggi me la caverò da sola". Senza crederci troppo le
restai vicina per potere, eventualmente, aiutarla. Ma notai che sollevava la
marmitta come una piuma deponendola senza nessuna difficoltà. Tuttavia, quando
sollevò il coperchio, vidi sul suo viso un certo stupore. Solo ora, vent’anni
dopo la sua morte,capisco cos'era avvenuto. Lei vedeva rose, mentre io vedevo solo
patate ».
Suor
Paolina testimonia che quel periodo in cucina fu una grande prova. La
cosiddetta cucina era un lungo budello scuro che si doveva attraversare per
andare in portineria. " In quell’incessante andirivieni al richiamo della
campana dell’ingresso, suor Faustina era sempre sorridente e non si lamentava
mai, anche se spesso la urtavano passando. Per resistere in quelle condizioni -
prosegue suor Paolina - ci voleva proprio una pazienza angelica ". Se ne
accorsero dopo con la suora che prese l’ingrato posto di suor Faustina. "
Allora cominciarono le lamentele e le proteste a non finire ". Sembra però
che il maggior tempo suor Faustina l’abbia trascorso nel panificio delle suore,
come venditrice. Difatti la sua superiora generale parla solo di questo
impiego, probabilmente scaglionato in diversi anni, dato che la troviamo ancora
al banco di vendita Verso la fine del 1932, alla vigilia della sua partenza per
la terza probazione, prima dei voti perpetui. E' dunque molto probabile che nel
febbraio 1931 suor Faustina trascorresse le sue giornate a vendere belle
pagnotte bionde e scure, come si fanno in Polonia. Suor Marcellina, sua
aiutante, ci racconta che suor Faustina aveva l’incarico di tenere la cassa e
si alzava prima delle altre tanto era il lavoro. Possiamo immaginare un impiego
più umile e prosaico,più monotono e più " mondano "? Suor Faustina
non sceglie i suoi clienti. Chi vuole viene e compra. Con i suoi occhi profondi
ella guarda e vede ciò che forse non vorrebbe vedere e ode ciò che preferirebbe
non udire mai. Fin d’allora sembra dotata di un fiuto straordinario per
scoprire il peccato nel più profondo dei cuori e leggere nelle anime.
Scrive
la superiora generale, madre Michaela Moraczewska:
"Circa
un anno dopo la sua terza probazione sopraggiunsero alcuni cambiamenti che mi
obbligarono, mio malgrado, a farla molto soffrire e più di una volta. Fu allora
infatti che la superiora di Plock mi fece sapere che suor Faustina aveva
ricevuto l’ordine di dipingere l’immagine della divina misericordia. Finché le
sue preziose esperienze mistiche restavano chiuse tra le mura del convento e
rimanevano un segreto tra Dio, la sua anima e le sue superiore, me ne
rallegravo di cuore vedendo in tutte queste grazie un grande dono divino per la
congregazione. Fu molto diverso quando si cominciò a temere che le rivelazioni
della suora si manifestassero all’esterno. Fui presa da timore all’idea di
introdurre nella vita della Chiesa la minima innovazione o falsa devozione...
.Come superiora generale mi sentivo responsabile per la congregazione. Finchè lei mi raccontava con molta franchezza
e semplicità i suoi pensieri graziosi e profondi e i suoi lumi soprannaturali,
l’ascoltavo volentieri e con edificazione, ma quando mi chiese di fare dei
passi fuori del convento adottai un atteggiamento di estrema riserva, pur
consultando più d’una volta alcuni teologi ".
"La
superiora di Plock mi aveva detto incidentalmente che suor Faustina doveva
dipingere un immagine. Quanto a lei me ne parlò solo a Varsavia, prima della
sua terza probazione. "Benissimo, le risposi, le darò una tela e dei
colori; si metta alll’opera". Ella se ne andò molto triste e seppi dopo che
si era rivolta a parecchie suore chiedendo se avrebbero saputo dipingere un
immagine di Nostro Signore. Lo faceva con discrezione e senza successo, perché
nessuna religiosa sapeva neppure disegnare.
Madre
Irene, superiora di suor Faustina a Wilno, nella sua deposizione al processo
informativo dichiara. " Si applicava con lena a ogni lavoro. Anche se le
mancava l’esperienza era convinta che avrebbe supplito con obbedienza e difatti
fu
così.
Quando si dedicò al giardino, praticamente non ne sapeva nulla, ma a poco a
poco imparò molto mettendoci tutto il suo cuore. Curava soprattutto la serra e
si informava volentieri
dagli
esperti ».
Troviamo
gli stessi elogi nella deposizione della madre Michaela, superiora generale;
" Appena arrivata a Wilno, suor Faustina si mise a lavorare con ardore in
giardino. A dire il vero non vi era preparata affatto, ma con la sua
intelligenza e
consultando
abili giardinieri, ottenne magnifici risultati. Un giorno abbiamo fatto
visitare il nostro giardino a degli invitati provenienti da alte sfere
governative. Una signora mi disse: "Si vede che avete una suora
giardiniera qualificata!" .
Suor
Clementina, la capo-giardiniera, conferma queste testimonianze:
"
E' per obbedienza che dopo la sua professione suor Faustina andò a Wilno per
occuparsi del giardino. Non aveva la minima nozione di giardinaggio, ma diceva:
"il Signore mi benedirà anche se non so niente". Difatti un frate
lazzarista, giardiniere di mestiere, l’aiutò con i suoi consigli ed ella fini
per ottenere ottimi risultati, tanto nel giardino che nella serra costruita da
lei stessa".
La
serra le dava molto da fare perché ella disponeva solo di mezzi di fortuna e
gli inverni a Wilno sono lunghi e rigidi; ma ci
teneva molto " per poter offrire
fiori al Signore Gesù " (suor Stella) in ogni stagione, e soprattutto nei
mesi in cui ogni vegetazione sembra morta e sepolta sotto un manto di neve. Le
piaceva infiorare la cappella e l’altare e mostrava volentieri alle suore e
alle pensionanti i begli esemplari coltivati a questo
scopo.
" Tutto questo e per il Signore Gesù "diceva indicando con
fierezza i suoi giacinti, le sue rose e i suoi tulipani. Poi, seria: " Se
l’anno prossimo sarò viva, avrò più fiori e di più rara qualità » (suor Stella
e suor Adalberta).
Una
suora conversa che per tre anni l’aiutò in giardino dichiara che " quel
lavoro era molto duro e spossante per le sue deboli forze ", ma che non se
ne lamentava mai. " Ammiravo spesso la sua calma e il suo buon umore,
perché aveva molto
lavoro e pochi aiuti. Ci sarebbero volute assolutamente più persone per quella occupazione, ma lei le chiedeva invano.
Dopo
parecchi tentativi senza risultato mi disse dolcemente: "Non posso farci
nulla se non mi danno ciò che chiedo, per quanto ne abbia detto i
motivi!". " Quell’anno - prosegue suor Stella - pioveva a dirotto e
le erbacce finivano per soffocare i teneri germogli. Vedevo bene quanto ne
soffrisse. "Occorrono assolutamente più mani per il lavoro - diceva - non
riesco a farcela
con le bambine". Difatti certe bordure furono talmente invase dalle
erbacce che bisogno falciare tutto e restarono vuote. Poi l’accusarono di
negligenza e ho dovuto difenderla, perché vedevo bene che non era colpa sua
". Questa
dolcezza che le sue compagne notano e ammirano unanimi veniva a suor Faustina
dal suo grande spirito di fede.
"Faceva
ogni cosa sotto lo sguardo di Dio e in compagnia del Signore Gesù" osserva
finemente una di loro. "Le
chiesi un giorno - racconta suor Feliciana - se era felice nel suo lavoro.
"Sorellina - mi rispose - faccio ciò che Dio vuole, perciò mi sento
perfettamente felice.
In quanto alle contrarietà, ce ne saranno dovunque e sempre; ricordiamoci che
Dio le permette" .Anche le educande subivano il suo fascino e non lo nascondevano
affatto. Suor Faustina le trattava con tanta più gentilezza, in quanto le
sentiva più disarmate, ferite o vulnerabili. Non avevano forse, a causa della
loro caduta, seguita da una dura risalita e da continui rischi, particolari
diritti alla divina misericordia? Le testimonianze delle educande sono dunque
particolarmente preziose e commoventi. Niente sfuggiva alla loro vigile
perspicacia e si sa che queste nature ombrose, dalla sensibilità a fior di
pelle, stanno continuamente in guardia. Ecco che cosa racconta Margherita, di
Wilno:"Suor Faustina eclissava tutte le altre religiose per la sua
dolcezza, la sua umiltà e il suo equilibrio interiore .Era molto obbediente e
trattava con molto rispetto le sue superiore. Non l’ho intesa mai mormorare o
lagnarsi. Non l’ho mai vista impaziente, eppure per tre anni ho lavorato vicino
a lei, a Wilno. Era un angelo di pace; non ha mai detto male di nessuno, anzi
cercava e trovava in tutti qualche lato buono. Pregava come un angelo, non
pensava che a Dio e non sembrava mai distratta. Era allegra e sorrideva sempre
parlando... Non mi ha mai confidato nulla, ma quando si parlava dell’amore di
Dio era raggiante ".Un’altra educanda la trova un po’ troppo esigente,
perché l’esortava "a dire il Rosario lavorando in giardino. Quando non
poteva andare in cappella per i suoi esercizi di pietà, diceva sorridente che
si sarebbe santificata col lavoro. Sgobbava per quattro. Una volta, in
giardino, svenne addirittura per lo sfinimento".Ogni occasione e buona per
lodare Dio o parlare di lui. " Un giorno, durante la ricreazione -
racconta suor Stella - l’ho raggiunta mentre raccoglieva piselli. Aveva molta
fretta e cosi le diedi una mano. Fui meravigliata nel sentirla parlare di Dio,
della sua bontà e del suo amore per le creature. Da quei piselli
ha ricavato tutta una parabola e mi ha fatto ammirare la loro crescita: come da
un granellino sboccia il fiore e il frutto... Parlava con tale ardore che mi
pare di sentirla ancora ".
Testimonia
suor Giustina:
"
Suor Faustina era molto umile e di una semplicità infantile. Non ho mai notato
che tenesse alla stima o che volesse passare per migliore di altre. Mi ricordo
che un giorno venne a trovarci un prelato mentre lei era in giardino a stendere
del concime. Era tutta infangata, con le mani sporche e vestita da lavoro.
Questo prelato, vedendola cosi stremata dal lavoro e sporca come una sguattera,
ne fu molto edificato e riconobbe subito di aver a che fare con un’anima
eletta. Il fatto e che suor Faustina si disinteressava totalmente di ciò che si
poteva pensare o dire vedendola. Aveva Dio nell’anima e si sforzava di piacere
solo a lui. Ecco perché bastava avvicinarla per sentirsi attirati verso Dio. Il
suo solo sguardo incitava ad amare Gesù, illuminava, riscaldava e dava forza
per andare avanti "
Lavorando
in cucina a Wilno, suor Giustina era nella posizione adatta per farsi una
giusta opinione della suora giardiniera, che la riforniva di frutta e di
legumi. " Ci vuole un tatto notevole per districarsi in questa situazione
delicata, soprattutto se si tiene conto della diversità dei caratteri e dei
temperamenti - nota suor Felicita a questo proposito - Finché suor Faustina si
occupò del giardino, non ci fu mai il minimo malinteso tra le suore cuoche e le
suore giardiniere. Invece con altre suore le relazioni erano spesso abbastanza
tese... "». Non contenta di farsi in quattro per fornire ciò che le veniva
chiesto, suor Faustina approfittava del minimo istante libero per aiutare la
suora cuoca sopraffatta dal lavoro, ben sapendo per esperienza - come nota suor
Felicita - " quali sono le necessità e le fatiche della cucina ".“Quando
eravamo a Wilno suor Faustina lavorava in giardino e io in cucina. Ero sola e
stracarica. Spesso, all'ora del coprifuoco, ero ancora alle prese con pile di stoviglie
da lavare. Allora suor Faustina veniva sempre a darmi una mano, sebbene lei
stessa fosse debole di salute e molto stanca. Ma l’amore per il prossimo era
tale che volava in suo soccorso. Mi ricordo bene il giorno in cui la madre superiora
mi mandò in città e suor Faustina dovette sostituirmi in cucina. Quel giorno
eravamo sfinite! Rientrando, fui molto meravigliata nel vederla tranquillamente
seduta e tutto il lavoro finito. "Suor Faustina, le dissi, com’é
possibile che lei abbia fatto tutto? Chi l’ha aiutata?". Mi rispose con un
delicato sorriso: "Sono gli angeli che mi hanno aiutata, altrimenti non ci
sarei riuscita” .Nel suo diario suor Faustina non fa parola di questo soccorso
angelico. Siccome era molto abile e intelligente, può darsi che la sua risposta
sia stata una semplice battuta; tuttavia sappiamo che ella viveva in intimità
col suo Angelo custode, il quale spesso le appariva in modo sensibile. Nel suo
candore suor
Faustina non se ne meravigliava affatto!
Col passar del tempo questa presenza soccorrevole diventerà più necessaria e più
manifesta. Firmando la sua deposizione suor Giustina afferma con convinzione
che "senza aiuto non se la sarebbe potuta cavare ", e noi la
immaginiamo chiamare gli angeli in suo soccorso. Sempre sorridente e disponibile,
non fa meraviglia che la sfruttino. Suor Antonietta testimonia che "al
culmine del lavoro, la toglievano dal giardino per farle fare i dolci che le
riuscivano a meraviglia ". " La sua più grande gioia - aggiunge - era
di offrire le primizie alla nostra madre superiora o al cappellano ".
Ancora suor Antonietta racconta: "
C’era una grande siccità e suor Faustina era molto addolorata nel vedere le sue
piante assetate. Un giorno di pieno sole e di bel tempo stabile si mise a
supplicare il Signore perché mandasse la pioggia. Subito piovve a cateratte e
le piante furono dissetate ».
Testimonianza di suor Agostina:
"
Ho incontrato la prima volta suor Faustina a Jozefow (Cracovia). Era venuta a chiedere alla nostra madre
maestra qualcuno per aiutarla a fare delle conserve in cantina. Fui mandata io.
Suor Faustina era la prima religiosa che incontravo fuori del noviziato ed ero
al primo lavoro nella congregazione. Compivamo gesti meccanici e potevo
osservarla bene. Ciò che soprattutto mi colpì fu il suo gioioso raccoglimento.
Parlava con molto brio, senza interrompere un minuto il duro lavoro. Si vedeva
che era tubercolotica; le sue labbra erano secche e come gonfie, spaccate dalla
febbre. Provavo un senso di rispetto per questa suora malata, imprigionata in
una cantina in un giorno di sole. L’aiutai a trasportare le conserve nella
panetteria. Mi chiese subito se conoscevo quella parte della casa e, alla mia
risposta negativa, mi mostrò tutte le installazioni e mi fece un enorme piacere
trattandomi come un membro della famiglia. Si complimentò per il mio lavoro e
mi disse: "Mi piacerebbe che tornasse domani". Poi aggiunse: "Ma
la madre maestra non la lascerà venire". Difatti non l’ho più rivista .E
per timore del contagio che la giovane novizia non fu più autorizzata ad
aiutare suor Faustina.
La deposizione di suor Damiana (la suora infermiera):
Nel
1934 al posto della madre Irene che, a giudicare dalla sua deposizione e da
certe allusioni molto discrete di suor Faustina, l'aveva presa sul serio, venne
eletta madre Borgia. Di natura scettica, ella accordava un credito minimo a
tutte queste "frivolezze"e qualificava certe confidenze di suor
Faustina come pie illusioni. La sua deposizione e molto più fredda e
imbarazzata di quella di madre Irene. Dodici anni dopo la morte di suor
Faustina, sembra proprio che esiti ancora e che preferirebbe restar fuori dalla
discussione. Completamente impermeabile ai fenomeni mistici, dovette passare
per molte perplessità con una religiosa cosi singolare come suor Faustina:
parecchie volte, tra le righe, sentiamo spuntare il suo malumore. Nominata
superiora a Wilno, temeva soprattutto l’affare di suor Faustina: "Con il mio
scetticismo, non volevo intralciare un’opera di Dio, nel caso che tale fosse
stata. D’altra parte, non desideravo affatto impegnarmi in una situazione
equivoca ".
La
superiora di suor Faustina commenta il fatto senza entusiasmo:
"
Ho saputo indirettamente che il cappellano ha fatto sforzi sovrumani per
ottenere dall’arcivescovo il permesso di esporre l’icona in pubblico.
Finalmente il permesso é stato concesso. Suor Faustina ha chiesto di essere
accompagnata alla cerimonia di intronizzazione. Non potendo rifiutarglielo e
non volendo iniziare altre suore a tutta questa faccenda, l' accompagnai io
stessa. Trovammo don Sopocko che installava l’icona con l’aiuto dei sacrestani.
Molte persone si avvicinavano e consideravano con curiosità quelll’andirivieni,
come pure l’immagine insolita, facendo ogni sorta di commenti; alcuni
scuotevano la testa, altri alzavano le spalle, non riuscendo a capire di che si
trattasse, altri ammiravano i due flussi di raggi bianchi e rossi che uscivano
dal cuore, attraverso l’abito semiaperto. Per quanto ho potuto capire,
credevano di aver a che fare con un nuovo modello di Sacro Cuore. Siccome la
sistemazione si protraeva, lasciai suor Faustina e tornai a casa. Dopo il
ritorno di suor Faustina non ho notato nulla di ciò che poi "si" è
raccontato, che satana l’abbia molestata sulla strada del ritorno. Forse avrà
avuto qualche esperienza interiore, ma non ha detto nulla; si vedeva solo che
era esausta. Ma ciò non le impedì di riprendere immediatamente il suo lavoro
". La madre Borgia sembra non aver conosciuto il diario di suor Faustina
al momento della sua deposizione al processo informativo del 1951. Si tratta
probabilmente di allusioni discrete del cappellano che parla espressamente di
quest’argo mento
nella sua testimonianza e non sembra sorpreso dallo scatenamento della rabbia
infernale di cui, più di una volta, farà egli stesso le spese.
Testimonianza
di Don Michele Sopocko:
"Non
parlavo con nessuno delle difficoltà e non chiesi a suor Faustina di pregare
per queste intenzioni se non il giorno stesso in cui la cosa doveva essere
decisa. Suor Faustma mi confessò di aver preso su di se le mie sofferenze e che
in quel giorno aveva sofferto come mai prima nella sua vita. Quando se ne
lamentò con Gesù, egli le disse: "Tu stessa me lo hai chiesto e ora
indietreggi? Ti do solo una parte delle sue sofferenze". Mi disse lg
quindi esattamente le cause delle mie difficoltà. Ne fui sconvolto, perché in nessun modo poteva
essere al corrente di certi particolari. Ci furono molti episodi
analoghi...".
La madre Borgia (superiora) di suor Faustina testimonia:
"Suor
Faustina era con me molto franca e aperta di animo. Mi comunicava molto
semplicemente le sue esperienze. Fu a Wilno nel 1935 durante il capitolo: dopo
l’orazione in comune e la lettura di un brano di un libro ascetico, venne il
momento delle osservazioni da fare alle suore. Fu allora che notai che l'attitudine
di suor Faustina, di solito cosi seria e raccolta, lasciava a desiderare.
Arrossiva, sorrideva e sembrava tutta eccitata. Ciò mi disturbava molto, ma
cercai di mantenere la calma, proponendomi di chiamarla subito dopo il capitolo
per avere la spiegazione del suo strano comportamento. Appena rientrata nella
mia camera udii un colpo discreto: era suor Faustina che desiderava vedermi.
Le chiesi
subito cosa volevano dire le sue distrazioni durante il capitolo. Si mise in
ginocchio vicino a me, mi chiese scusa di avermi disturbata e mi disse che non
poteva dominare la sua gioia vedendo Gesù che dalla croce sopra la mia sedia
approvava tutto ciò che dicevo. "Che felicità - mi disse - sapere che Dio è come le superiore!". Ascoltai con indifferenza sottolineando che, ad ogni modo,
avrebbe dovuto dominarsi. Ella andò al suo lavoro. Non ne ho mai parlato a
nessuno convinta che fosse una pia illusione; oggi però ne faccio partecipe la
comunità. Questa deposizione fu redatta al principio del 1951, dunque sedici
anni dopo l'avvenimento.
madre Borgia scrive ancora:
madre Borgia scrive ancora:
" Verso la metà di marzo suor Faustina
venne da me molto turbata e con aria preoccupata. Quando le chiesi che cosa
l'angosciava mi rispose che non sapeva che fare. Il Signore Gesù le chiedeva un
gran sacrificio: aveva l’ordine di fondare una nuova congregazione e per conseguenza
doveva lasciare la nostra che lei amava molto, che le aveva dato tanto, alla
quale doveva tutto. D’altra parte non poteva resistere alle esigenze di nostro
Signore. L’ho ascoltata tranquillamente, ma non volevo pronunciarmi su questa
faccenda. Improvvisamente Dio intervenne trasferendola, per ordine della madre
generale, in un’altra casa, cosicché l'indomani mattina prese il treno per
Varsavia".
Nella
deposizione di suor Adalberta leggiamo quanto segue:
"Ho
incontrato suor Faustina a Varsavia durante la terza probazione, nella
primavera del 1933. C’era un’epidemia d’influenza e faceva molto freddo. Ho
dovuto subire un esame medico. Mentre stavo entrando nell' infermeria, la
dottoressa X... diceva a suor Faustina che aveva appena visitato:
"Sorella, non vedo nulla nei suoi polmoni". Notai in suor Faustina un
espressione di sorpresa; era molto pallida e aveva un bruttissimo aspetto.
"Eppure mi sento male!" disse dolcemente. Poi usci senza più
insistere. Ammiravo la sua calma e la sua padronanza. Un prossimo futuro doveva
dimostrare che aveva ben ragione!".
"
Col permesso di Dio - nota la madre generale nella sua deposizione al processo
informativo - la suora infermiera non credeva affatto alla realtà della vita
interiore di suor Faustina; la suora conversa che l’accudiva aveva molta
paura del contagio, cosi che talvolta, come ho saputo più tardi, le cure che le
davano lasciavano molto a desiderare ". Secondo le testimonianze delle suore
che lavoravano con lei, la sua salute soffriva spesso di difficoltà passeggere.
Appena rimessa, riprendeva con zelo il suo lavoro.
Nella sua deposizione suor Damiana del secondo coro nota quanto segue:
Nella sua deposizione suor Damiana del secondo coro nota quanto segue:
"
La mia cattiva salute mi causava molti fastidi. Un giorno mi misi a piangere
dicendo che nessuno m
avrebbe
creduto, se il dottore non mi avesse trovato malata: che fare in questo caso?
Suor Faustina mi disse; "Non si tormenti! Anch’io per tre anni sono stata
curata come malata di nervi, perché i dottori non avevano capito. Ma il Signore
sa tutto e questo basta...".
Testimonianza di suor Agostina:
La deposizione di suor Damiana (la suora infermiera):
Suor
Faustina vuol essere santa ma non lo sarà mai perché si crogiola come una
principessa" . E prosegue :"Divise la tavola comune fino al giorno in
cui la tubercolosi attaccò i suoi intestini. Non si lamentava mai, ma spesso
non toccava cibo. Una volta, verso le nove di sera, la nostra maestra le mandò due
arance. Le accettò con gioia e mi disse di ringraziare tanto suor Callista
perché dalla mattina non aveva preso niente. Mi diede anche un biglietto di
ringraziamento per la suora ".
" Una delle nostre suore - riporta suor Felice – le era particolarmente ostile, non la credeva veramente ammalata e il genere della sua pietà le dava sui nervi. Una suora che conosceva suor Faustina da Wilno e che ora aveva l’incarico di infermiera a Cracovia, la sgridava un pò dicendo che si crogiolava, che mancava di energia e che si lasciava abbattere dalla malattia. Alle altre suore diceva che suor Faustina aveva un bel voler diventare santa, non ci sarebbe mai riuscita perché faceva la principessa, si curava troppo, ecc. ". Sappiamo da suor Crescenza che " queste canzonature la facevano soffrire molto ", ma che le accettava senza ribellioni e senza amarezza. Quando suor Ottilia si indignava vedendola trattata in modo così poco caritatevole, suor Faustina la riprendeva dicendole : " In questo mondo ogni sofferenza è un guadagno per me ". "Sopportava le pene con calma e anche col sorriso, senza mai adirarsi - prosegue suor Ottilia – ma quando bisognava dire la verità lo faceva arditamente". Perciò raccomandava una grande carità per i malati; "Non passate mai davanti alla porta di una suora malata senza chiederle se Tutti le vogliono bene, dal primario dottor Silber, un ebreo convertito, fimo ai malati che appena l’intravvedono. La superiora madre Irene scrive; " Aveva per tutti un sorriso e buone parole. Mi raccontava come i malati venissero a trovarla e che il direttore andava a confidarle i suoi pensieri e le sue preoccupazioni riguardo all’ospedale. Un giorno, mentre ero li venne a trovarla, si sedette su una sedia e disse: "Vengo a vedere per ultimo questa buona figliola, per farmi la bocca buona".
" Una delle nostre suore - riporta suor Felice – le era particolarmente ostile, non la credeva veramente ammalata e il genere della sua pietà le dava sui nervi. Una suora che conosceva suor Faustina da Wilno e che ora aveva l’incarico di infermiera a Cracovia, la sgridava un pò dicendo che si crogiolava, che mancava di energia e che si lasciava abbattere dalla malattia. Alle altre suore diceva che suor Faustina aveva un bel voler diventare santa, non ci sarebbe mai riuscita perché faceva la principessa, si curava troppo, ecc. ". Sappiamo da suor Crescenza che " queste canzonature la facevano soffrire molto ", ma che le accettava senza ribellioni e senza amarezza. Quando suor Ottilia si indignava vedendola trattata in modo così poco caritatevole, suor Faustina la riprendeva dicendole : " In questo mondo ogni sofferenza è un guadagno per me ". "Sopportava le pene con calma e anche col sorriso, senza mai adirarsi - prosegue suor Ottilia – ma quando bisognava dire la verità lo faceva arditamente". Perciò raccomandava una grande carità per i malati; "Non passate mai davanti alla porta di una suora malata senza chiederle se Tutti le vogliono bene, dal primario dottor Silber, un ebreo convertito, fimo ai malati che appena l’intravvedono. La superiora madre Irene scrive; " Aveva per tutti un sorriso e buone parole. Mi raccontava come i malati venissero a trovarla e che il direttore andava a confidarle i suoi pensieri e le sue preoccupazioni riguardo all’ospedale. Un giorno, mentre ero li venne a trovarla, si sedette su una sedia e disse: "Vengo a vedere per ultimo questa buona figliola, per farmi la bocca buona".
Suor
Alfreda, infermiera di suor Faustina dall’8 giugno 1938; aggiunge:
"
Spesso incontravo da lei il direttore dell’ospedale che approfittava dei
momenti liberi per venire a trovarla e ”discutere di argomenti
spirituali", come diceva. "Parliamo di diverse cose per il mio
maggior profitto! ". Difatti parlavano cosi seriamente che non osavo
interromperli quando entravo ». " Un giorno - riporta suor Felice - andai
a domandargli notizie sulla salute di suor Faustina. Il dottore disse che
andava molto male. "E lei permette che vada a messa in queste
condizioni?". "Cosa vuole, il suo stato è disperato, ma è una
religiosa ammirevole, cosi la lascio fare.
Altre, al suo posto, non si alzerebbero nemmeno. Ho visto come si aggrappava al
muro andando in cappella".
E suor Felice aggiunge : "Infatti suor Faustina aveva conquistato
brillantemente questo diritto eccezionale, ma senza il minimo strappo
all’obbedienza. Perspicace, il bravo dottore si arrese presto all’evidenza che
ella " non era un’ammalata come tutte le altre" e che la comunione
"le era di conforto anche fisicamente".
Il
20 aprile 1938, quando torna al sanatorio, il suo stato é disperato. Dapprima si parla di metterla nella corsia
comune.
Suor
Felice scrive che il buon dottore si meravigliò molto all’udire l'apprensione
che la corsia comune ispirava a suor Faustina: " Ditele da parte mia che
cosi potrà fare apostolato".
"
Quale non fu la nostra sorpresa - prosegue suor Felice - nel trovare al
sanatorio una cella preparata apposta
per suor Faustina! C’erano pure due mazzi di
fiori ad attenderla. Ci hanno detto che tre ore prima era , morto un
vecchio tubercolotico. Suor Faustina, tutta
raggiante, mi disse sottovoce: "Com’é buono il Signore! " Mi
ha esaudita" .
Leggiamo dal diario della santa :Ero stanca e mi addormentai. La sera venne a trovarmi la suora infermiera e mi disse: "Domani, sorella, non potrà comunicarsi, perché è molto stanca; vedremo in seguito come andranno le cose". Rimasi estremamente addolorata, ma risposi tranquillamente; "Va bene". E, abbandonandomi al Signore, cercai di addormentarmi. La mattina feci la meditazione e mi preparai alla comunione, quantunque non dovessi ricevere Gesù. Allorché il mio desiderio e il mio amore ebbero raggiunto il massimo grado, vidi a un tratto presso il mio letto un serafino, il quale mi diede la comunione pronunciando le parole: "Ecco il Pane degli angeli". Dopo aver ricevuto il Signore, il mio spirito sprofondò nell’amore di Dio e nello stupore. La cosa si ripeté per tredici giorni, ma non avevo la certezza se l’indomani il serafino mi avrebbe portato la comunione. Non osavo pensarci, confidavo nella bontà di Dio. Mentre un giorno mi tormentava uno scrupolo, sorto prima della comunione, apparve improvvisamente il serafino assieme a Gesù. Esposi il dubbio a Gesù ma, non ottenendo risposta, dissi al serafino "Non potresti confessarmi tu?". Allora mi rispose: "A nessuno spirito celeste è dato questo potere" e allo stesso tempo l’ostia santa si posò sulle mie labbra.
Leggiamo dal diario della santa :Ero stanca e mi addormentai. La sera venne a trovarmi la suora infermiera e mi disse: "Domani, sorella, non potrà comunicarsi, perché è molto stanca; vedremo in seguito come andranno le cose". Rimasi estremamente addolorata, ma risposi tranquillamente; "Va bene". E, abbandonandomi al Signore, cercai di addormentarmi. La mattina feci la meditazione e mi preparai alla comunione, quantunque non dovessi ricevere Gesù. Allorché il mio desiderio e il mio amore ebbero raggiunto il massimo grado, vidi a un tratto presso il mio letto un serafino, il quale mi diede la comunione pronunciando le parole: "Ecco il Pane degli angeli". Dopo aver ricevuto il Signore, il mio spirito sprofondò nell’amore di Dio e nello stupore. La cosa si ripeté per tredici giorni, ma non avevo la certezza se l’indomani il serafino mi avrebbe portato la comunione. Non osavo pensarci, confidavo nella bontà di Dio. Mentre un giorno mi tormentava uno scrupolo, sorto prima della comunione, apparve improvvisamente il serafino assieme a Gesù. Esposi il dubbio a Gesù ma, non ottenendo risposta, dissi al serafino "Non potresti confessarmi tu?". Allora mi rispose: "A nessuno spirito celeste è dato questo potere" e allo stesso tempo l’ostia santa si posò sulle mie labbra.
Suor Alfreda scrive:
" In un periodo in cui suor Faustina stava molto male, il cappellano si ammalò e per parecchi giorni non vi furono messe nella cappella del sanatorio. Allorché dissi a suor Faustina come la compiangevo mi rispose sorridendo: "Ho il Signore; questa mattina l’ho ricevuto vivo" ». Non sembra che suor Alfreda abbia capito subito la grandezza di questa confidenza.
" In un periodo in cui suor Faustina stava molto male, il cappellano si ammalò e per parecchi giorni non vi furono messe nella cappella del sanatorio. Allorché dissi a suor Faustina come la compiangevo mi rispose sorridendo: "Ho il Signore; questa mattina l’ho ricevuto vivo" ». Non sembra che suor Alfreda abbia capito subito la grandezza di questa confidenza.
Il
dottor Silber (Il dr. Silber fu fucilato dai nazisti nel 1940) doveva avere
un’opinione ben precisa della “ sua “ malata, a giudicare dal seguente fatto
riportato da suor Alfreda:
“
Quando fu deciso di riportarla al convento il dotto-re le chiese una piccola
immagine di S. Teresa che si trovava sull’armadio della cella. Suor Faustina
gli propose allora di mandargli qualcosa di meglio dal convento. "No -
disse il dottore - niente mi farà più piacere di quest’immagine che e stata
testimone di tutte le sue sofferenze". Alcuni giorni dopo la morte di suor
Faustina, quando andai a trovarlo, notai con stupore che l’immagine era stata
appesa sopra il letto del suo bambino di sei anni. Subito chiesi con una certa
inquietudine se l’avesse disinfettata. "No - mi rispose - non temo il
contagio. Suor Faustina fu una religiosa veramente straordinaria, una santa, e
i santi non contaminano". Forse suor Faustina gli aveva confidato, come a
suor X., che aveva chiesto al Signore “ di non trasmettere a nessuno il suo
male “ A ogni modo la sua commovente testimonianza conferma quella delle
religiose della congregazione del Sacro Cuore che curavano nel sanatorio. Suor
Davida Antonina scrive: “ Durante il suo soggiorno a Prondnik suor Faustina fu
nel mio reparto. Potei perciò vederla e osservarla a mio agio. Sempre raccolta,
molto pia, si trascinava in cappella fintanto che glielo permisero le forze.
Tuttavia ogni volta, con semplicità infantile, ne domandava il a
permesso al primario. Sapendola cosi malata egli non avrebbe voluto
acconsentire, ma come rifiutarglielo? Però, verso la fine del suo soggiorno nel
sanatorio, cesso di andarvi. Dal punto di vista psichico era di un equilibrio
perfetto. Non era esigente, tutto per lei era buono, addirittura
"eccellente". Molto mortificata, mangiava tutto quello che le davano,
mentre altri malati facevano i difficili. Non domandava quasi nessun servizio.
Solo alla fine della sua vita una ragazza addetta alla corsia cominciò a
rifarle il letto. Soffriva sorridendo, ed erano sofferenze atroci! Le avevano
diagnosticato la tubercolosi all’ intestino, ai polmoni e alla gola. Il dr.
Silber, direttore del sanatorio, ci disse un giorno che era una cosa
straordinaria sorridere in mezzo a sofferenze così crudeli. Non voleva prendere
calmanti, malgrado gliene offrissero; non si lamentava mai, non chiedeva alcun
sollievo. Oggi possiamo dire che ha voluto bere il suo calice, come Gesù, fino
alla feccia. Non sono potuta restare presso di lei fino all’ultimo perché,
colpita da una infiammazione all’orecchio interno, dovetti andare a farmi
operare. Prima che partissi mi ha detto: "Non abbia paura, non morirà; c’e
ancora bisogno di lei". Ciò si é puntualmente verificato, benché l’operazione
fosse molto delicata e di quelle che raramente riescono. Così posso ancor oggi
curare i malati... "(1951).
Suor
Angèle-Médard, nella sua testimonianza, insiste soprattutto
sulla"naturalezza" e l’"estrema semplicità" di suor
Faustina. "Nonostante le sue crudeli sofferenze sembrava gaia, tranquilla,
addirittura felice. Per niente affettata, di una spontaneità affascinante,
estremamente umile, era come luminosa.
La
incontravo spesso in cappella, assorta in preghiera. L’accompagnavo qualche
volta in giardino ed era meraviglioso vedere come ogni filo d’erba, ogni bo schetto
l'avvicinasse a Dio. "Com’è tutto bello - diceva - come bisogna rendere
grazie di tutto!».
E suor Alana aggiunge nella sua deposizione: "Ascoltando il canto degli uccelli e lo stormire del vento tra gli alberi non cessava di lodare la bontà di Dio "che ha fatto tutto cosi bene". "Come sara dunque il cielo?" - esclamava -. Poi restava silenziosa. Mi attirava per la sua serenità, la sua gentilezza e il suo viso cosi calmo. Dopo ogni conversazione con lei mi sentivo più zelante per slanciarmi verso Dio. Tuttavia nessuno sospettava le meraviglie della sua vita interiore. Ella non si tradiva mai ".
E suor Alana aggiunge nella sua deposizione: "Ascoltando il canto degli uccelli e lo stormire del vento tra gli alberi non cessava di lodare la bontà di Dio "che ha fatto tutto cosi bene". "Come sara dunque il cielo?" - esclamava -. Poi restava silenziosa. Mi attirava per la sua serenità, la sua gentilezza e il suo viso cosi calmo. Dopo ogni conversazione con lei mi sentivo più zelante per slanciarmi verso Dio. Tuttavia nessuno sospettava le meraviglie della sua vita interiore. Ella non si tradiva mai ".
"
Prego per gli ammalati dal profondo del cuore" (scrive nel suo diario)
Le
converse che hanno lavorato con lei testimoniano che, più di una volta, "
ella interrompeva di colpo un lavoro o una conversazione e supplicava, con le
lacrime agli occhi, di pregare per un’anima in agonia incatenata dal peccato
mortale, perché Dio le usasse misericordia ". " Le chiedevo allora -
nota suor Giustina - come lo sapesse. Mi rispondeva di non farle mai queste
domande, ma di aiutarla a pregare "presto" e a fare mortificazioni
per queste povere anime. E io, per farle piacere, non osavo rifiutare ". A
Prondnik ella si trova direttamente a contatto con anime messe di fronte alla
scelta definitiva, al loro ultimo "combattimento". Dice suor Alfreda;
" Mi diceva che i malati restavano spesso soli, perché il cappellano
partiva per Cracovia subito dopo la messa e non aveva tempo per amministrare (i
sacramenti). E aggiungeva: ”Il caso vuole che io sia quasi sempre presso gli
agonizzanti; ne sono molto contenta".
Quante
anime si rifiutano di credere al piano di salvezza, perché " sarebbe troppo bello! » dicono.
"Ma
no - mi disse un giorno un ammalato - Dio non può salvarmi, perché ho troppi
peccati sulla coscienza. Qualunque cosa faccia, sarò dannato. Per dei tipi come
me non c’é misericordia; altrimenti sarebbe troppo bellol ». Per tutta risposta
gli diedi la coroncina di suor Faustina. L’indomani mi disse
fra le lacrime: " Ho capito: la passione di Gesù pesa comunque più dei miei
peccati. Portatemi un sacerdote ".
Nella
sua deposizione don Sopocko scrive:
"Già
a Wilno suor Faustina mi aveva detto che si sentiva spinta a lasciare la
congregazione e a fondarne un’altra. Considerai questa ispirazione come una
tentazione la consigliai di non prenderla sul serio. Più tardi, nelle sue
lettere da Cracovia, me ne ha parlato spesso. Ella ottenne anche
L'autorizzazione dal suo confessore e dalla madre generale, a condizione che
anch' io l’autoriz zassi.
Ho avuto timore ad assumermi questa responsabilità e risposi che avrei dato il
mio consenso a una condizione: che il suo confessore di Cracovia e la madre
generale le ordinassero di andarsene. Suor Faustina non ha ottenuto mai un
simile ordine ed è rimasta nella sua congregazione Fino alla morte".
Don
Sopocko, che si e votato anima e corpo all’opera della divina misericordia, si
sente perplesso e disorientato scrive:
"Verso la metà di settembre
del 1938 andai a Cracovia per un congresso di teologia. Trovai suor Faustina
al sanatorio di Prondnik: le avevano già amministrato l’olio santo. Sono
andato a trovarla diverse volte e le ho parlato, tra l’altro, della congregazione
che voleva fondare. E lei stava morendo! Le dissi allora che era stata
certamente un’illusione e che forse anche il resto che mi aveva raccontato non
aveva fondamento. Suor Faustina mi promise di riferirlo al Signore. L’indomani,
durante la santa messa che dissi per le sue intenzioni, mi venne
improvvisamente un’idea: come non ha saputo dipingere l’icona e ha dato solo
delle indicazioni, cosi non potrà "fondare" la nuova congregazione,
ma ne ha stabilito i punti base. Capii anche che il Signore la sollecitava,
perché ce ne sarebbe stato bisogno in un tempo di prove imminenti. Quando, il
giorno stesso, andai a trovare suor Faustina e le chiesi se non avesse nulla da
dirmi, mi rispose: "No, niente; durante la messa il Signore le ha
spiegato tutto" .
"
Dopo averla lasciata mi ricordai che le avevo portato alcuni opuscoli sulla
divina misericordia e tornai indietro per consegnarglieli, ma aperta la porta
della sua camera la vidi seduta immersa nella preghiera e quasi sollevata sopra
il letto. Il suo sguardo era fisso su un punto invisibile, le sue pupille
dilatate, e non mi vide entrare. Non volendo disturbarla decisi di andarmene,
quando improvvisamente torno in sé. Subito mi chiese scusa di non avermi
sentito entrare. Le diedi gli opuscoli. Mi disse: "Arrivederci in
cielo". L’ho rivista ancora una volta nel suo convento il 26 settembre. Non
voleva o forse non poteva più parlare e disse solo queste parole: "Sono
tutta presa dalla conversazione col mio Padre celeste".
Non
sembrava più di questo mondo... .
Il
17 settembre 1938, per ordine delle sue superiore, fu riportata
al convento di Cracovia per morire la. "Il tragitto fu molto penoso - nota
la suora infermiera -. A varie riprese mi assalì il timore che non l’avrei
riportata viva. Allora suor Faustina, benché molto sofferente, mi consolava:
"Sorella, non abbia timore, non morrò per strada!" .
Le
ultime pagine del suo diario non hanno data. Da luglio la sua debole mano non
può più sollevare la penna. Dobbiamo perciò interrogare le sue consorelle per
raccogliere qualche particolare sui suoi ultimi momenti, di una commovente
semplicità.
Ciò
che colpisce nelle sue note della fine del 1937 e del 1938 e la tranquilla
certezza della sua perseveranza finale. Il suo diario termina con queste
parole: " Pur essendo cosi miserabile, non ti temo, perché conosco la tua
misericordia! ".
Testimonia
la superiora, madre Irene:
"
Durante la sua ultima malattia aveva l’abitudine di dirmi: "Vedrà, Madre,
che la congregazione avrà molte gioie a causa mia". Quando le chiesi se
era contenta di
morire
nella nostra congregazione rispose: "Si". E aggiunse: "Per tutte
le pene che ha avuto a causa mia, sarà consolata già in questo mondo".
Pochi giorni prima della
sua
morte, quando andai a trovarla, si mise a sedere, mi chiese di avvicinarmi e
disse: "Il Signore Gesù vuole esaltarmi e fare di me una santa".
Sentii che lo diceva
molto
seriamente e senz’ ombra di orgoglio, che questa promessa era per lei
semplicemente un dono gratuito
della
divina misericordia. Uscii sconvolta, pur non avendo colto li per li
l’importanza delle sue parole ".
Due religiose della sua congregazione testimoniano:
Due religiose della sua congregazione testimoniano:
"Quando
l’ho vista per l’ultima volta - scrive suor Anna - fui colpita dalla maestà
della sua sofferenza.
"Appena
vicina al Signore pregherò molto per tutti. Perché, sorellina mia, ci sarà una
grande guerra...". Ascoltandola pensavo dentro di me; farebbe meglio a
pensare
alla morte piuttosto che alla guerra! Però mi
aveva impressionata, non so neppur io perché... "Questa guerra durerà a
lungo..." proseguì suor Faustina. Se fossi stata un po’ più intelligente
le avrei potuto porre delle domande, chiedere particolari, ma non mi sfiorò
neppure l’idea di farlo... " Pero voi resterete qui, a ]ozefow .Bisogna
solo pregare molto". Pensai: Ma sta divagando.
Dove
dovremmo andare? Questa casa non è forse nostra? Mi ricordai le sue parole nel
1942, quando i tedeschi tentarono di cacciarci e io consolai le nostre suore ».
"Sono
andata a trovarla quando era molto malata - scrive suor Clementina -. Raccolsi
dei lamponi, ci misi dello zucchero e glieli portai. Non credevo potesse
mangiarli, perché la tubercolosi si era estesa agli intestini.
Almeno
che ne senta il profumo, pensai. Le dissi; "Guardi i bei lamponi che il
Signore ci ha dato!". Sorrise, chiese un cucchiaio e ne mangio di gusto.
"Per questi lamponi, mi disse, le manderò dei fiori dl paradiso,
sorellina". "Ci mancherebbe altro - risposi-. Crede che glielo
permetterebbero?". (Non dimentichiamo che suor Clementina era "giardiniera
capo" nel convento di Cracovia).
Ora - prosegue - ho già ottenuto molte grazie per sua intercessione! Sono
andata a trovarla ancora alcuni giorni prima della morte; era molto smagrita,
tutta scarnita, un vero scheletro. Ansimava. "Sorellina, le dissi, non ha
paura della morte?". "Perché dovrei aver paura? - mi chiese
rianimandosi improvvisamente -. Tutti i miei peccati e le mie imperfezioni si
consumeranno come una festuca di paglia nelle fiamme della divina
misericordia". Poi abbiamo parlato della guerra. Dissi: "Anche se
scoppia non durerà
molto, perché faremo presto a liquidarci a vicenda con i gas". "Oh,
no! - rispose suor Faustina -. La guerra durerà a lungo, terribili mali si
abbatteranno sul mondo". Non capivo le sue parole; pensai alla prima
guerra mondiale, alla nostra sorte e chiesi: "E la Polonia ne uscirà?".
"Oh, si, ma si sara molto meno numerosi, perché ci saranno molti morti, ma
quelli che resteranno in vita si ameranno scambievolmente e ci terranno a
rivedersi". Mi misi a ridere, perché non ci capivo niente: "Sorella,
ma da dove le vengono queste profezie?". L’ho presa semplicemente un po’
in giro. Ella aveva gli occhi fissi su un punto della camera, sorrise, ma non
disse più nulla. Non cercai di saperne di più, perché non sospettavo niente.
Altre suore hanno parlato con lei della guerra, ma senza darvi importanza.
Consideravano questo argomento scabroso e inopportuno".Solo dopo la sua
morte e durante la guerra si comincerà a cercare coraggio e conforto nelle
profezie di suor Faustina. Mentre era viva nessuno l’aveva presa sul serio.
Alcune religiose si erano abituate al " suo sguardo perspicace "
(suor Adalberta) che leggeva nelle anime come in un libro aperto. Più d’una ne
aveva provato i benefici, ma taceva per non indisporre gli "oppositori
"; " Ella vedeva fino nel profondo della mia anima - dice suor
Giustina -; sapeva tutte le mie cadute e i miei peccati e me lo diceva
apertamente. Ne soffriva crudelmente, soprattutto quando non andavo subito a
confessarmi. Mi seguiva col suo sguardo doloroso e mi ripeteva continuamente
che nulla, neppure il peccato più grave, fa tanta pena a Gesù come la
diffidenza ". "A varie riprese - dice suor Ludovina - mi ha detto
cose vere circa la mia anima e mi chiedevo come potesse saperle. L’ho capito
solo dopo la sua morte ". "Un giorno - riferisce suor Bozena - mi ha
detto qualcosa riguardo alla mia anima. Lo presi alla leggera; allora me lo
ripeté di nuovo aggiungendo: "Sappia, sorellina, che non lo dico a nome
mio!". Mi misi a riflettere e capii quanto ciò fosse importante per la mia
vita interiore ». "Avevo paura di Dio - dichiara suor Zeffirina - . Senza
saperne nulla, suor Faustina mi mandò dal sanatorio un bigliettino con tutto
quello che sentivo in me e con parole di conforto. Conto sulla sua
intercessione "."Mi ricordo molto bene che veniva a trovarmi per
incoraggiarmi e consolarmi - nota suor Martina -; mi chiedevo con curiosità
come conoscesse le mie prove! ".Potremmo moltiplicare le citazioni:
concordano tutte. Ma solo dopo la morte di suor Faustina i cuori si sono aperti
e le lingue si sono sciolte. Approfittando del suo passaggio a Cracovia, la
superiora generale andò a dirle addio, perché la malattia faceva rapidi
progressi. Era il mese di luglio. Suor Faustina si sentiva molto debole e
soffriva molto. "Quest’ultimo incontro - scrive suor Michaela - mi ha
lasciato un dolcissimo ricordo: fu molto contenta di vedermi. Mi raccontò tanti
episodi della sua vita nel sanatorio e l’ora della quale disponevo tra un
autobus e l’altro passò in un lampo. Non abbiamo toccato argomenti spirituali.
Al momento della mia partenza mi disse con un sorriso raggiante: "Se
sapesse, Madre, le belle cose che mi dice il Signore! ". Poi, mostrando i
suoi scritti: ”Le leggerà dopo la mia morte" ». Nella sua deposizione la
superiora generale cita per esteso l" l’ultima lettera di suor Faustina,
scritta alla fine dell’ agosto 1938. Eccola:
"Mia
reverendissima Madre, - Grazie del suo bigliettino; mi ha fatto tanto piacere,
come
pure le notizie riguardanti don Sopocko. E' veramente un santo sacerdote. Madre
mia, è il nostro ultimo colloquio quaggiù. Mi sento debolissima, la mia mano
trema, soffro tanto quanto posso sopportare. Gesù non prova nessuno al di sopra
delle sue forze; se il dolore abbonda, la grazia sovrabbonda, mi abbandono
tutta alla volontà di Dio. Languisco sempre più per lui. La morte non mi
spaventa e sono in grande pace. Riesco ancora a fare i nostri esercizi, mi alzo
per la messa, ma non rimango fino in fondo perché mi sento male. Approfitto
come posso delle grandi grazie che Gesù ci ha lasciato nella sua Chiesa. Madre
mia, la ringrazio dal profondo del cuore per tutto il bene che mi è venuto
dalla congregazione, dal tempo della mia entrata fino ad oggi. La ringrazio
soprattutto per la sua compassione e i suoi consigli nei momenti difficili che
sembravano insormontabili. Che Dio glieli renda centuplicati! E ora molto
umilmente le chiedo perdono per tutte le mie inesattezze nell’osservanza della
santa regola, per il cattivo esempio che ho dato alle suore, per la mancanza di
zelo nella vita religiosa, per tutte le pene che le ho dato, sia pure
inconsapevolmente. La sua bontà fu una forza per me nei momenti difficili.
M’inginocchio in spirito ai suoi piedi, Madre, la supplico di perdonarmi di
tutto e di benedirmi per l’ora della mia morte. Confido nelle sue preghiere e
in quelle delle mie care sorelle; sento che una grande forza mi assiste. Scusi
la brutta calligrafia, la mia mano viene meno. Arrivederci in cielo, Madre mia!
E ora, in noi e attraverso di noi, sia glorificata la divina misericordia.
Bacio le sue mani col piu profondo rispetto. Preghi per me.
Suor
Faustina, abisso di miseria e piccolo nulla ».
Sulla
morte di suor Faustina c'è una sola testimonianza: quella di suor Alfreda, la sua infermiera degli
ultimi giorni. così scrive:
"La fine della vita di suor Faustina fu
molto edificante. Era sempre molto amabile e paziente e non chiedeva mai nulla
.Quando le domandavamo; ”Soffre molto?", rispondeva: "Si, ma sto bene
cosi". Il 22 settembre chiese perdono a tutta la comunità e, da quel
momento, ella non fu più che attesa. Il 5 ottobre si confessò per l’ultima
volta dal nostro confessore straordinario padre Andrasz. Le sue sofferenze
erano al culmine. Alcune ore prima di morire chiese un’iniezione anestetica, ma
subito dopo vi rinunciò per compiere fino in fondo la volontà di Dio. La sera
stessa cominciò l’agonia. Alle 21 il cappellano recitò le preghiere degli
agonizzanti in presenza di tutte le suore. Suor Faustina era pienamente
cosciente e poté seguirle fino in fondo.
Alle 22,45, con gli occhi fissi su
un’immagine di Cristo e dell’Immacolata, spirò senza subire le angosce
dell’agonia.
Nessun commento:
Posta un commento